Maria Grazia Gobbi

Dal Corriere di Saluzzo del 24 febbraio 2011:
Maria Grazia Gobbi ha ricevuto mercoledì 23 febbraio all’Internodue la Targa Fidapa 2010. Il riconoscimento è stato assegnato alla giornalista del Corriere di Saluzzo dalla presidente della sezione saluzzese dell’associazione Marisa Russotti “per il suo impegno costante in campo sociale e professionale”. 69 anni, originaria di Torino, Maria Grazia si è trasferita sulla collina di Envie nel 1983 insieme al figlio Gigi, all’indomani della prematura scomparsa del marito.
Dopo un periodo di volontariato presso la Casa di riposo di Envie, nel 1987, insieme a don Carlo Peano, all’epoca direttore della Caritas diocesana, tiene a battesimo il gruppo locale saluzzese degli Alcolisti Anonimi “Rinascita”, un’esperienza che prosegue ininterrotta da 24 anni. In seguito darà il suo apporto volontario al Telefono Amico per oltre 13 anni. Allo stesso anno, 1987, risale l’inizio della sua collaborazione con il settimanale diocesano Corriere di Saluzzo, dalle cui colonne racconta con uno stile personale e coinvolgente le esperienze di volontariato fiorite sul territorio, presenta con competenza e professionalità iniziative ed attività culturali e musicali che si svolgono nel Saluzzese.
La sua vocazione di comunicatrice si allarga poi all’etere, prima attraverso la collaborazione con un’emittente torinese e dal 1988, su richiesta dell’allora vescovo Sebastiano Dho, mette la sua esperienza al servizio di Radio Onde Azzurre (l’emittente fondata da don Ruffa che trasmetteva da Piasco) in qualità di direttore artistico responsabile del palinsesto, ideatrice e speaker di numerose trasmissioni dedicate al volontariato, alla medicina, alla poesia, ecc. In quegli anni vestirà per una decina di volte i panni della Madonna nella “Sacra Rappresentazione della Passione di Nostro Signore” allestita ad Envie. Dal 1997 offre il suo aiuto all’Ufficio per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso, un impegno che continua tuttora, in appoggio al Delegato padre Sereno Lovera.

La poesia di Maria Grazia Gobbi, comunica immediatamente l’idea di una trasformazione fantastica di uno spazio reale, legata a quei paesaggi così cari
alla sensibilità romantica. In effetti la sua poesia si muove tra reale e immaginario che risponde non al
principio di realtà ma a quello del piacere o del desiderio o dell’ideale. L’immagine, per quanto possa essere concreta, diventa subito metafora, rinvio, allusione ad altro. In questa condizione si uniscono dettaglio e universale, quotidianità e ontologia, anche il tempo è insieme contingenza ed eternità. La poesia, dunque, guarda al reale, ma lo trasfigura tramite l’immaginazione in un appello profetico, mosso dagli occhi desiderosi e interroganti della mente. In un mondo, come il nostro, dove il consenso viene spesso affidato al potere dell’immagine e la realtà attivamente più frequentata è quella virtuale, la sfida è creare immagini poetiche che inducano a scelte di valore anche etico, oltre che estetico.

Antonio Scommegna

Staffarda

È sera!
Lievi respiran gli altissimi abeti
che cingon Staffarda,
severi custodi di
antichi tesori.
Talvolta…
una carezza disfiora le punte
ondeggianti
e il sole, con dubitosi raggi,
accenna a disparire dietro il Viso.
Nel cielo puro del tramonto
resta
la quieta abbazia…
e il fioco riverbero del giorno
ne indora la guglia.
E ancora…
i dolci rintocchi dell’Ave Maria
intonano il cinguettio crescente
di piccoli cuori
che inseguon un ultimo più prezioso
raggio…
su, su fino all’estrema fronda.
Intorno riposano i campi e le genti…
E sospiri l’attimo dolce
in cui potrai meditare
nel buio e nel silenzio
delle cistercensi mura,
così dissimili per struttura
e che pur si fondono in opera
sì armoniosa e salda.
Oh magnifica sintesi dell’umana specie!
Così diversi l’un l’altro siamo
e pur tasselli indispensabili
nel mosaico di Colui che volle!
…Ora…
nel quieto silenzio,
una tremula fiamma guida…
e l’anima riaffiora,
e più non pensi,
…preghi!.

Natale

C’è un’aria diversa
stasera,
un silenzio solenne…
un’attesa…
La luna,
silente,
ha raccolto i suoi raggi
ed occhieggia
tra quinte stellate.
…e la fonte ghiaccia il suo canto,
e la fronda più non si culla:
tutto è fermo!
Anche il cuore…
nella notte incantata
attende…
Quand’ecco
lontano…
da grotta nascosta,
s’innalza
dolcissimo un canto…
è Donna che canta al suo Bimbo che è nato!
È nato Gesù Bambinello
al mondo
e al cuore!
…e tutto fiorisce
e gioisce all’intorno:
…e la luna
…e la fonte
…e le stelle
…e le fronde
…e il cuore eleva il suo “GLORIA”!

Nel buio...

bagliori di fiamma
si annunciano,
indorano vivi
il mio volto…
E seguo con gli occhi
cartigli di fuoco
saette sinuose,
azzurre fiammelle…
salire, vezzose, nell’alto camino.
Domani
soltanto…la cenere.

Ricerco

nel profondo dell’anima,
una luce
che aiuti
i miei passi insicuri.
Le mie mani
brancolano
nel vuoto dell’essere,
come bianche falene
impazzite.
…E ricerco
un appiglio sicuro,
come varco improvviso
nella roccia
a strapiombo
sul mondo.

Veloce il giorno scompare...

mi aggrappo
all’orlo del tempo
e rubo
il respiro di un’ora…
Per non morire
racchiudo la mia anima
in un sogno…
E mi avvolge il torpore
anelato…
effimero sole.

Notte d’estate...

silenzio all’intorno…
Spoglia di affetti
giaccio supina
sul prato dei ricordi.
Le stelle mi avvolgono,
basse,
e coprono la mia solitudine.


... E subisci i giorni

faticosamente,
accettando
ciò che riservano,
oscillante
tra sogno e realtà,
tra speranza e ambiguità…
Esistere per resistere…
resistere per esistere…
fino a che
il bianco trasfiguri il nero,
la notte si sciolga nel giorno.
Vorresti sciogliere i tuoi dubbi
e offrirli
al vento della vita…
Ma tutto è ancora immoto
E resti prigioniera del banale.

Sommesso palpito
di ricordi
lontani
nel presente della mia vita.
Cerco
nella memoria
del cuore
angoli dimenticati,
impreziosisco
frammenti
di giorni
sfuggiti da dita
dischiuse.

Cupo vuoto

che attanagli il cuore:
cerco di colmarti
con brandelli
di interessi sopiti.

Lacrime di gelo
scavano
brucianti promesse
di un oblio
che fugge.


Vorrei,

come bianca colomba,
tracciare nel ciel
la più bella poesia…
Offrir
Le mie ali
al vento gentile
d’aprile.
Felice
m’inebrio
e fecondo parole stupende,
e mi libro,
gioiosa,
nel nitor dei ricordi…
Ma il sole perduto
mi avvince,
mi avvolge l’amore
ch’era mio…
e discioglie
la speme
di piccole ali:
novello Icaro
cado,
dissolvendo
in mitologica realtà.

Le stagioni

si susseguono rapide,
incalzanti,
frenetiche…
quasi un respiro,
un’occhiata veloce
sul mondo…e via!

Ma resta il ricordo…

e una lacrima
troppo lenta,
sfuggita
al cuore,
accarezza la gota:

rugiada sulle labbra.


…E arabesco pensieri

evanescenti come la luna
…E assaporo sogni
generosi di promesse
sussurrate
…E m’attardo
sul far della vita
rintuzzando
il fuoco
con silenziosa speme.
 
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